ADAGIARSI SUGLI ALLORI SOTTO TRUMP NON È POSSIBILE
Donald Trump non ha risparmiato nessuno: nel suo mirino economico rientrano anche i produttori di vini italiani.
Considerando l’entità del mercato statunitense, che assorbe ad oggi un quarto delle esportazioni totali, le preoccupazioni sono più che lecite.
Poco affetti saranno i vini di alta qualità, come Chianti e Amarone, dei quali le relative domande sono poco reattive ai prezzi, ma diverso è il caso del Prosecco. Ha debuttato infatti in queste settimane un diretto competitor del tutto statunitense: si tratta del CalSecco, la variante californiana della celebre bollicina veneta.
La tecnica di spumantizzazione è infatti la stessa, cioè il metodo Charmat, e la vivacità di questo prodotto è conseguenza diretta dell’alta sensibilità ai prezzi della domanda statunitense, per cui anche un lieve aumento del prezzo spinge i consumatori a cercarne un’alternativa più economica.
È opportuno fornire un’analisi dei motivi a monte.
Le imprese produttrici italiane hanno basato la loro fortuna all’estero quasi esclusivamente sulla popolarità del marchio, rinunciando ad investire in innovazione e ricerca nei mercati di esportazione, ad acquistare quote di partecipazione o a tessere legami economici stabili.
Al contrario, la produzione è restata nelle mani dei produttori del bel paese, fieri della loro tradizione e del know-how tecnico sviluppato nel tempo, mentre la distribuzione era affidata a soggetti terzi in loco.
Si tratta, insomma, di un modello di business superato e carente di lungimiranza, che rischia di mettere in seria difficoltà le filiere vitivinicole italiane, in un’era in cui il protezionismo torna di moda, incarnato nella figura di Donald Trump, il primo di tanti nuovi politici.