PIANO NAZIONALE ARIA: TRE REGIONI CONTRO LO STATO
Tre Regioni unite contro lo Stato. Protagoniste dello scontro: Veneto, Lombardia e Piemonte. Motivo alla base dello strappo il “Piano Nazionale per il Miglioramento della Qualità dell'Aria” approvato dal Consiglio dei Ministri e licenziato lo scorso 20 giugno. Strumento strategico per ridurre l'inquinamento atmosferico e adeguare l'Italia alle normative europee dopo le varie infrazioni rispetto al limite di emissioni di inquinanti nell’aria. Il piano prevede un sistema di monitoraggio e governance multilivello che coinvolge Stato, Regioni e Comuni per garantire l'efficacia delle misure e il raggiungimento degli obiettivi. Misure attuate attraverso interventi normativi, incentivi economici e campagne di informazione e sensibilizzazione. La diatriba o meglio lo scontento nasce dal fatto che in capo alle Regioni è stata affidata l’intera responsabilità delle misure per il miglioramento della qualità dell’aria "in via ordinaria", mentre allo Stato tale responsabilità spetta solo "in via complementare". In poche parole spetta alle Regioni arrangiarsi trovando soluzioni, nel caso non producano i risultati sperati, interverrebbe lo Stato. Inoltre le Regioni lamentano l’inadeguato stanziamento di fondi rispetto a un tema così importante e gravoso pari a 2,4 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi stanziati dal Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Si chiede la promozione di tecniche a basso impatto emissivo e incentivi per pratiche agricole sostenibili, di incentivare la mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico e progetti di mobilità condivisa. Per concludere la promozione di impianti più efficienti e campagne per la sostituzione di quelli obsoleti. Un compito davvero insostenibile in solitaria secondo i tre contendenti. Da qui la decisione compatta delle tre Regioni di impugnare davanti la Corte Costituzionale il Piano Nazionale.