CONTINUA LA STRAGE DEI REPORTER A GAZA
Le bombe non pensano e non parlano, e non leggono la scritta “stampa” sugli elmetti.
A Gaza muoiono tutti, anche coloro che hanno deciso di rimanere nell’inferno, per raccontarlo: sono i giornalisti di guerra, che sfidano l’istinto umano e vanno incontro a ciò da cui gli altri fuggono.
Il bilancio degli inviati uccisi nella Striscia si aggrava, dopo la conferma della morte di Mohammed Mansour, corrispondente per il quotidiano giapponese Asahi Shimbun.
Il giornalista è stato colpito ieri da un missile nella sua casa a Khan Yunis, dove viveva insieme alla moglie e al bimbo appena nato.
È il secondo inviato di guerra ucciso in un giorno. Sempre ieri l’esercito israeliano ha riportato di aver eliminato il giornalista di Al Jazeera Hussam Shabat, mentre si trovava nella sua auto.
Secondo lo Stato Ebraico, Shabat non era solamente un corrispondente, ma anche un cecchino del gruppo terroristico Hamas, e per questo è stato eliminato.
Se per Shabat Tel Aviv fornisce delle spiegazioni, per Mansour tutto tace: non è chiaro se il missile abbia centrato intenzionalmente l’abitazione o se sia stato un errore.
Con i due giornalisti uccisi ieri, sale a 208 il numero di corrispondenti morti dall’ottobre 2023, e il Comitato per la Protezione dei Giornalisti chiede apertamente un’indagine.