STOP AL TEST D’INGRESSO A MEDICINA, LE PERPLESSITÀ
Dopo l’approvazione della Camera alla proposta di legge della Lega per abolire il test d’ingresso alle facoltà di medicina, odontoiatria e veterinaria, spetta ora alle Università pubbliche organizzarsi per far fronte alla grande ondata di studenti previsti per l’anno prossimo.
Si tratta di più di tremila universitari, un numero che preoccupa non poco il prorettore dell’università di Padova Marco Ferrante.
I tempi, infatti, stringono, e bisogna organizzarsi con aule, logistica e docenti.
Le 16 aule che al momento ospitano i 530 studenti non saranno sufficienti: si sta facendo strada l’idea di una possibile frequenza online.
A questa si aggiunge l’ipotesi di insediare le future aule in Fiera, dove l’Università ha già messo gli occhi sui padiglioni 7 e 8, ma deve fare i conti con le mire di altri progetti, che hanno avuto la medesima idea.
Tutto il primo semestre è da ripensare, sostiene Ferrante.
Una selezione degli studenti migliori rimane infatti in vigore: è solo posticipata alla fine del primo semestre, basata su una graduatoria nazionale che conta i risultati ottenuti nei tre esami di scienze di base.
Per Gino Gerosa, luminare della sanità veneta, si tratta di una “scelta-non scelta”. Né il vecchio test d’ingresso, ma neanche questa nuova selezione infatti, garantirebbero la formazione di medici migliori e più motivati.
Si tratta, insomma, di un problema strutturale. È l’intero sistema a dover essere ridisegnato, sostiene Gerosa.
A questo punto risulta urgente una radicale riforma della scuola superiore italiana, finalizzata alla preparazione al percorso universitario.
L’esempio ci viene dall’Inghilterra, dove gli alunni delle scuole superiori hanno la possibilità di cimentarsi con le future materie universitarie già sui banchi di scuola, evitando quindi test d’ingresso inefficaci o tardivi giudizi a posteriori, quando lo studente ha già scelto il proprio percorso.