CONDANNATI 50 UOMINI PER VIOLENZE SU GISELE PELICOT
Alla fine Gisele Pelicot ha vinto, anche se le condanne nei confronti dei suoi violentatori sono state ben inferiori rispetto alle richieste dei pubblici ministeri.
Gisele Pelicot ha vinto soprattutto dal punto di vista simbolico, per ciò che ha rappresentato, per la spinta che la sua, drammatica vicenda da ora in poi darà alla lotta alla violenza di genere.
Per dieci anni Gisele Pelicot è stata ripetutamente narcotizzata, violentata e filmata: dal suo ex marito Dominique ma anche da decine e decine di altri uomini, che lui reclutava in chat e che invitava a prendere parte agli abusi. Tutto nella sua casa di Mazan, un paesino della Provenza, in Francia.
In cinquanta sono stati condannati giovedì mattina dal Tribunale di Avignone. E non sono tutti quelli che l’avrebbero abusata, ma solo quelli che sono stati identificati.
20 anni a Dominique Pelicot, il massimo della pena prevista in Francia per questo tipo di reati, dai 3 ai 15 anni per tutti gli altri, tutti per stupro aggravato.
Il processo era iniziato lo scorso settembre e fin dal primo momento aveva suscitato grande trasporto nell’opinione pubblica francese e internazionale. Non solo per la gravità dei fatti, ma anche per la decisione di Gisele Pelicot di avere un processo pubblico, mostrandosi di fatto al mondo, e per la lucidità con cui aveva raccontato la sua storia.
Cinquant’anni, tre figli, un matrimonio all’apparenza perfetto. A rivelare alla donna cosa aveva subito per dieci anni erano stati gli investigatori, che avevano trovato centinaia di file nel pc del marito nel corso di un’altra indagine a suo carico.
La vicenda di Gisele Pelicot ha riacceso le discussioni sul tema della “cultura dello stupro”, e su quanto non sia stigmatizzata a sufficienza.
La sua immagini è stata il simbolo delle manifestazioni dello scorso 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. E la sensazione è che lo sarà anche negli anni a venire.
“Quando ho aperto le porte a questo processo il 2 settembre dello scorso anno volevo che la società fosse in grado di comprendere il procedimento. Non mi sono mai pentita di quella decisione. Ora ho fiducia nella nostra capacità collettiva di cogliere un futuro in cui tutti, donne e uomini, possano vivere in armonia con rispetto e comprensione reciproci”