SUMMIT NETANYAHU-RUBIO, PAROLE FORTI, TREGUA DEBOLE
È avvenuto sabato il sesto scambio di prigionieri e ostaggi, nonostante le difficoltà riscontrate la settimana scorsa, a seguito delle dichiarazioni di Hamas in merito al ritardo del rilascio degli ostaggi e della risposta di Trump.
Sono stati liberati Aleksandr Sasha Trufanov, Saguy Dekel-Hen e Yair Horen.
Oltre all’ennesima spettacolarizzazione dell’evento, ha colpito anche la differenza nei trattamenti che gli ostaggi hanno ricevuto in questi mesi di prigionia.
Trufanov, infatti, è apparso in buona salute, facendo fede alla promessa che Hamas ha fatto a Vladimir Putin, mentre gli altri ostaggi erano visibilmente denutriti.
I detenuti palestinesi liberati sono ben 369, tra cui 36 terroristi che stavano scontando numerosi ergastoli per attentati con morti civili.
Indossavano una maglietta bianca con la stella di David e la scritta “non dimenticheremo né perdoneremo”.
Da entrambe le parti, la propaganda sembra più importante della pace.
In particolare Israele sembrerebbe intento a ottenere il rilascio di più ostaggi possibile, prima di ricominciare a bombardare la striscia, secondo alcuni analisti.
Dall’insediamento di Trump la bilancia del potere non solo diplomatico, ma anche militare (lo Stato sionista ha ricevuto nel weekend un carico di bombe pesanti, Mk-84) sembra fortemente sbilanciata verso Tel Aviv, e si teme che la fase due non vedrà la luce, nonostante inizino a breve i negoziati.
A confermare questa situazione si è svolto domenica un summit tra Netanyahu e il segretario di Stato USA, Marco Rubio.
È stata rievocata l’allegoria di Trump riguardo all’inferno, ed è stato proprio il caro amico Bibi a ricordare al mondo, e soprattutto ad Hamas, che Israele non esiterà ad aprire le porte di suddetto inferno, qualora Hamas non liberi tutti gli ostaggi. Sono ancora 14, infatti, gli ostaggi che l’organizzazione terroristica deve rilasciare entro il primo marzo, 8 di questi sono considerati morti.
Durante il summit è stata rialzata la tensione con Teheran, che non potrà munirsi del nucleare, come peraltro ha suggerito il primo mandato di Trump.
Insomma, da quando il nuovo presidente USA ha iniziato il suo mandato, Israele sa che dispone di un alleato che, al contrario dell’amministrazione Biden, non ha limiti, e può dunque fare e dire quello che vuole.