CENTRI DI RIMPATRIO, UN COSTOSO BUCO NELL’ACQUA
Un’analisi di Action Aid, svolta con l’Università di Bari, ha mostrato l’enorme spreco di fondi conseguente all’apertura del centro di rimpatrio di Gjader, in Albania.
Aperto nel 2024, il centro è rimasto operativo per solamente cinque giorni, con una spesa giornaliera di 114mila euro ed è stato oggetto di critiche fin dalla sua ideazione.
I venti detenuti iniziali, trattenuti nel periodo da ottobre a dicembre 2024, sono stati poi liberati e riportati in Italia, in quanto l’espatrio non era stato regolarizzato nei giusti termini.
Un flop costoso, visto che per la realizzazione delle strutture vi è stato un investimento di 75 milioni di euro. E non è tutto: per un soggiorno in Albania di soli 5 giorni la prefettura di Roma ha sborsato 570 mila euro.
Il progetto dei centri albanesi è stato definito anche “il più costoso, inumano e inutile strumento delle politiche migratorie in Italia”, citando le parole dei portavoce di ActionAid.
Ad oggi nel nostro Paese si contano 11 centri di rimpatrio, più altri 3 destinati al trattenimento di richiedenti asilo, portando ad una capienza totale di oltre 2500 posti. Quasi la metà dei posti, però, è vuota.
Fanno discutere anche le condizioni dei detenuti in questi centri: tra la fine del 2024 e i primi mesi del 2025, ci sono stati tre morti. Dimostrazione delle drammatiche circostanze in cui queste persone sono costrette a vivere.