GENDER PAY GAP: SVOLTA UE CONTRO LE DISUGUAGLIANZE
Contrastare il divario retributivo tra uomini e donne era già un obiettivo dei Trattati di Roma del 1957. Ma solo dopo più di sessant’anni, l’Unione Europea sta passando dalle parole ai fatti. Dal giugno 2023 è in vigore la nuova direttiva sulla trasparenza salariale, che impone regole chiare: le retribuzioni dovranno essere determinate da criteri neutri rispetto al genere e non ci sarà più spazio per il segreto in busta paga.
Secondo i dati più recenti di Eurostat, nel 2023 una donna in Europa ha guadagnato in media il 12% in meno rispetto a un uomo per ogni ora lavorata. In pratica, per ogni euro ricevuto da un collega maschio, una collega ha incassato appena 88 centesimi, a parità di mansioni. È il cosiddetto gender pay gap, una disuguaglianza strutturale che l’Unione Europea ha deciso di affrontare.
I 27 Stati membri avranno tempo fino a giugno 2026 per recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti. Le aziende e le pubbliche amministrazioni dovranno rendere trasparenti i criteri adottati per definire stipendi, bonus e salari accessori. Se emergeranno differenze di genere superiori al 5% scatterà l’obbligo di intervento.
La questione resta però complessa. Una delle sfide sarà decidere come comunicare i dati: rendere noti nomi e cognomi o proteggerli con forme di anonimato? Inoltre, la situazione è molto eterogenea tra i diversi Paesi europei e tra settori lavorativi. Il gender pay gap, ad esempio, tende a ridursi tra i neoassunti ma resta forte tra laureati, dirigenti e lavoratori del settore privato. In Italia il fenomeno risulta ancora più marcato, divario che si estenderà fino alla pensione.
Una svolta è attesa ma la strada per l’uguaglianza salariale è ancora lunga.