GIADA, LA PROCURA VERSO LA CHIUSURA DELLE INDAGINI
Potrebbe arrivare a breve, nel giro di qualche settimana, l’avviso di conclusione delle indagini per il presunto omicidio dio Giada Zanola, la ragazza di Vigonza uccisa, il 29 maggio dell’anno scorso, da un’auto in transito lungo l’autostrada A4, dopo essere precipitata dal cavalcavia di via Prati.
Per il pubblico ministero che coordina le indagini, l’accusa a carico del compagno della donna, il quarantenne Andrea Favero, è quella di omicidio volontario aggravato: secondo le ricostruzioni degli inquirenti, sarebbe stato proprio lui a stordire la giovane mamma con una dose di benzodiazepine e a gettarla dal cavalcavia, prima che venisse travolta da un’auto in corsa.
Favero, ancora oggi, continua a professare la sua innocenza, a dispetto però di una prima confessione che aveva reso senza la presenza del suo avvocato dopo il lungo interrogatorio nel giorno della morte di Giada. Confessione che per il processo non ha alcun valore, se non viene resa ufficialmente.
È per questo che il compito della procura è quello di produrre prove inconfutabili che, anche senza la sua ammissione, possano confermare l’impianto accusatorio.
Serviranno soprattutto le consulenze tecniche per fissare alcuni punti fermi, in particolare della relazione finale da parte dei medici legali che hanno eseguito l’autopsia e l’esame tossicologico. I primi parziali risultati confermano la presenza di tranquillanti nel corpo di Giada e non nel sangue di Andrea, al quale erano stati prescritti. Presto arriveranno anche gli esiti della perizia informatica sulla centralina della Ford C-Max intestata a Giada e utilizzata la notte della sua morte dal compagno: un video, proveniente da una telecamera privata, mostrava che alle 3 e mezza del mattino una macchina si era fermata per poco meno di due minuti in cima al viadotto. Gli accertamenti tecnici potrebbero confermare se quella di Giada era stata effettivamente messa in moto a quell’ora.
