BIMBI IPERCONNESSI: I RISCHI NASCOSTI
Sempre più tempo online, sempre meno tempo nella vita reale. È il paradosso che vivono migliaia di ragazzi e bambini cresciuti con lo smartphone in mano: giornate misurate in ore di schermo invece che in corse al parco o giochi all’aperto. Un cambiamento silenzioso, che ha trasformato relazioni, linguaggio e perfino la salute delle nuove generazioni.
Gli studi lo confermano: un adolescente su due passa oltre 3-4 ore al giorno davanti al cellulare. Il primo smartphone arriva in media tra i 10 e i 12 anni e, per la maggior parte, l’ingresso nel mondo digitale avviene senza alcuna guida da parte degli adulti.
Da tre anni l’Azienda ospedaliera di Padova porta avanti il progetto “Salute, giovani e stili di vita”. L’iniziativa tocca vari temi legati alla prevenzione ma negli ultimi mesi il focus principale è diventato proprio lo screen time.
Gli esperti avvertono: l’anello debole sono spesso i genitori. Se a tavola mamma e papà hanno lo smartphone in mano, i figli imparano a fare lo stesso. Non è un caso che già a 2 anni molti bambini sappiano usare il telefono, con il rischio di ridurre le interazioni familiari e accumulare ritardi nello sviluppo del linguaggio.
Le conseguenze dell’abuso di tecnologia sono pesanti: meno sonno, più sedentarietà, isolamento sociale e in alcuni casi sintomi depressivi. L’iperconnessione incide anche sul rendimento scolastico e sulla capacità di costruire relazioni sane. Non è una battaglia contro i dispositivi, spiegano i medici, ma un invito a farne un uso consapevole.
Dagli Stati Uniti arrivano linee guida precise: zero schermi sotto i 2 anni, massimo un’ora al giorno fino ai 5, e non oltre due ore dopo i 5 anni. Regole chiare ma ancora troppo spesso ignorate.