LA DIFESA: FILIPPO DEBOLE E INCAPACE DI PREMEDITARE
Filippo Turetta non è un feroce e freddo killer professionista. Ma è un ragazzo debole, fragile e insicuro, a cui la chiusura della relazione con Giulia, l’unica cosa che l’aveva trascinato fuori da una situazione personale e affettiva ai minimi termini, ha scatenato una reazione emotiva che non è riuscito a controllare. La lunga arringa difensiva degli avvocati dell’imputato, ha chiuso la fase dibattimentale del processo contro il femminicida di Giulia Cecchettin. Dopo la requisitoria di due ore di lunedì, al termine della quale il pubblico ministero Andrea Petroni aveva pronunciato la sua richiesta del massimo della pena per il reo confesso del delitto consumato la notte dell’11 novembre 2023, la difesa ha provato punto per punto, in un’arringa durata quasi quattro ore, a smontare le tesi dell’accusa. Ha chiesto le attenuanti generiche per Filippo, che una volta scappato ha fatto il possibile per farsi arrestare in Germania, e poi ha collaborato in tutte le fasi di indagine e del processo, hanno sostenuto i suoi legali. Che però hanno provato soprattutto a escludere la possibilità delle tre aggravanti principali: la crudeltà, lo stalking, e soprattutto la premeditazione. Un crimine efferato sì, ma non crudele, ha detto l’avvocato Caruso, perché avvenuto in preda all’emotività, colpendo alla cieca. Filippo era ossessionato, petulante e insopportabile. Ma non sono stati atti persecutori quelli che hanno portato alla morte di Giulia, perché ne mancherebbero i presupposti di legge: Giulia non ha mai modificato le sue abitudini di vita, ma soprattutto non aveva paura di Filippo, tanto che fu lei stessa a proporgli quell’ultimo incontro. Non lo riteneva un pericolo, piuttosto temeva per l’incolumità di lui, che potesse farsi del male. La premeditazione, infine, dev’essere intesa come il proposito finale per uci ci si attiva. Mentre la famosa lista di Filippo non sarebbe stata finalizzata all’omicidio: se avesse voluto uccidere Giulia sin dall’inizio, perché avrebbe pensato di chiudere le portiere, di legarla e silenziarla? Di più: la personalità di Filippo, e il suo essere la personificazione dell’indecisione, dell’insicurezza e della mancanza di personalità, sono i motivi per cui Filippo non avrebbe mai potuto premeditare nulla.
In aula, stavolta, non c’era nessuno dei familiari di Giulia. Filippo c’era, sempre con la felpa rossa del giorno prima e gli occhi bassi, come ha sempre fatto in tutte le tre udienze a cui ha presenziato. Lui, che il 18 dicembre compirà 23 anni dietro le sbarre del carcere di Montorio in cui è rinchiuso da un anno, martedì 3 dicembre conoscerà il suo destino: ergastolo, come chiede l’accusa, o una condanna minore. Ora sta solo alla corte d’assise deciderlo.