MORTO SUL LAVORO, ERA SUL TETTO SENZA PROTEZIONI
C’è un fascicolo aperto contro ignoti, sul tavolo del pubblico ministero, che ipotizza il reato di omicidio colposo e la violazione di una lunga serie di norme in materia di sicurezza.
Dopo la morte di Adriano Rigon, il 65enne di Curtarolo deceduto dopo la caduta dal tetto della ditta Zago di Campo San Martino, mercoledì mattina, le indagini provano a far luce sul perché non fossero state rispettate le più basilari norme di sicurezza sul lavoro. L’uomo, che da un anno aveva ceduto il timone dell’azienda di famiglia al figlio, continuava a svolgere qualche lavoretto, di tanto in tanto. Mercoledì mattina, sul tetto della Zago, stava però compiendo il suo sopralluogo senza adottare nessuna precauzione. Non aveva l’imbragatura, non aveva il caschetto di protezione, leggerezze che gli sono state fatali: non appena il tetto ha ceduto sotto il suo peso, l’operaio è caduto per quasi otto metri nel vuoto, perdendo la vita sul colpo per le gravi ferite alla testa.
Attualmente, rischiano di essere iscritti nel registro degli indagati il titolare dello stabilimento, dove erano in corso gli interventi per sostituire alcune telecamere di videosorveglianza, e il socio (o i soci) che restano in capo all’azienda della vittima, mentre successivamente gli inquirenti dovranno accertare anche le posizioni del responsabile della sicurezza e del direttore dei lavori del cantiere.
Adriano Rigon era un uomo e un professionista apprezzato e benvoluto da tutti, e la tragedia della sua scomparsa ha sconvolto l'intera comunità di Curtarolo, dove la famiglia è molto conosciuta. Era un artigiano esperto, che su quel tetto era salito già tantissime volte. Ma la dinamica di quanto accaduto, ripropone per l’ennesima volta, purtroppo, la necessità di non dare mai per scontate le norme di sicurezza: è proprio l’eccessiva confidenza nei propri mezzi, a volte, che può essere fatale.