VAJONT, LA FINE TRAGICA DI UNA TRUFFA ALLO STATO
Una storia di profitto, una truffa allo Stato e infine un crimine.
Ecco il Vajont della vergogna che ancora racconta di come una truffa si trasformò di una tragedia costata la vita a quasi 2000 persone. Una storia di profitto e opportunismo lunga anni, ad opera della
SADE, la Società Adriatica di Elettricità, fondata da Giuseppe Volpi, già ideatore dell’area industriale di Porto Marghera e della Mostra del Cinema di Venezia. Fin dal 1928 la SADE desiderava mettere le mani sulla stratta gola del Colomber, appena fuori Longarone, per sfruttarne il potenziale idroelettrico.
Nelle parole del geologo Dal Piaz un luogo che si presta perfettamente, con la sua roccia solidissima, alla costruzione di una grandiosa diga. Col favore del regime fascista prima e delle aderenze politiche nel Dopoguerra, il progetto Grande Vajont prese slancio.
Iniziarono così i cantieri e con loro gli espropri ai danni dei cittadini di Erto e Casso. Soprusi che accadevano nel silenzio della stampa. Ma non di tutta: la bellunese Tina Merlin scrisse pagine intere de L’Unità su quanto stava accadendo al Vajont. Per questo fu anche processata e poi assolta con formula piena.
Al completamento della diga, nel 1959, era la più alta del mondo. Ma anche terribilmente pericolosa. Era ormai impossibile ignorare l’evidenza: il versante del Monte Toc era quasi interamente composto da una gigantesca frana pronta a scivolare a valle. L’intera operazione sembrava essere un gigantesco buco nell’acqua.
Là dove il buon senso avrebbe suggerito di fermarsi, i vertici SADE organizzarono una vera truffa allo Stato. Erano arrivati gli anni della grande nazionalizzazione dell’energia elettrica.
Per vendere l’impianto all’ENEL e ripagarsi la diga a spese dei cittadini, i dirigenti SADE dovettero portare il livello del lago alla quota di collaudo. Ma bagnare la frana non fece che accelerare il suo scivolamento. Appena raggiunta la quota si iniziò un repentino abbassamento dell’acqua.
Nessuno allertò la popolazione del pericolo incombente perché denunciare l’emergenza avrebbe imposto la chiusura dell’impianto e bloccato la vendita. Nessuno mosse un dito. Ma il Monte Toc non poteva essere fermato e quella truffa allo Stato degenerò in tragedia.
Quando alla fine, quella notte del 9 ottobre 1963 la frana cedette, il destino di migliaia di persone era già stato scritto.
Chi pagò per quella tragedia? In decenni di processi, solo due tra i dirigenti SADE furono ritenuti colpevoli, per otto anni complessivi di carcere, in parte condonati. Otto anni per quasi 2000 persone spazzate via.
Ecco la storia del Vajont, una storia di profitto, una truffa allo Stato e infine un crimine.