VIA AL PROCESSO,PER GIULIA LA GIUSTIZIA SARÀ VELOCE
11 novembre 2023, 23 settembre 2024. 317 giorni dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, inizia con la prima udienza, davanti alla Corte d'Assise di Venezia, il processo a carico di Filippo Turetta, reo confesso dell'omicidio dell'ex fidanzata, uccisa con 75 coltellate quando aveva solo 22 anni. L'accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dal legame affettivo tra i due, ma anche dall'occultamento di cadavere, stalking e porto d'armi abusivo. Pochi dubbi, sul fatto che con una confessione piena, che negli ultimi giorni è rimbalzata anche nelle televisioni, si arrivi ad una sentenza di condanna. A ballare è la dimostrazione da parte dell'accusa che il delitto fosse premeditato, cosa che le ricerche sul suo telefono rendono abbastanza evidente, e soprattutto lo stato mentale del ragazzo, nel momento in cui tutta la sua vita è cambiata, e quella di Giulia purtroppo è finita per sempre: è la linea che separa una condanna all'ergastolo da qualunque altro verdetto, seppur pesante.
L'attesa è grande, i posti nella piccola aula C della Corte d'Assise del Tribunale di Venezia fin troppo pochi. Venti giornalisti e venti uditori, autorizzati all'ingresso. Ma nei corridoi rimangono altre decine di telecamere arrivate da tutta Italia e appostate fin dalle 7 del mattino in piazzale Roma. I familiari di Giulia arrivano insieme agli avvocati, poi il collegio difensivo di Filippo, che in aula non c'è.
Alle 9.30 la campanella segna l'inizio di un processo attesissimo. Due giudici togati e sei giudici popolari, tre uomini e tre donne, saranno chiamati a giudicare la colpevolezza dell'imputato. Sono soprattutto donne e ragazze, invece, a comporre l'esiguo pubblico presente in aula. Non ci sono le amiche di Giulia: avrebbero voluto partecipare, ma gli spazi erano troppo ristretti.
L'unica cosa certa è che il processo procederà in maniera spedita. Filippo Turetta, dopo aver rinunciato all'udienza preliminare e alla perizia psichiatrica, ha deciso di acconsentire all'acquisizione, nel fascicolo dibattimentale, degli atti contenuti nel fascicolo del PM. Questo significa che tutte le prove e le testimonianze raccolte dagli inquirenti durante le indagini andranno direttamente alla corte, senza la presentazione delle prove in aula e ogni eventuale contestazione della difesa. Il referto dell'autopsia, i reperti raccolti, le sue ricerche e le note su come rapire e uccidere Giulia finiscono ai giudici così come sono: non serviranno i circa trenta testimoni pronti a sostenere le tesi dell'accusa, e l'imputato sarà quindi l'unico, in tutto il processo, a deporre in aula. Così facendo, la sentenza di primo grado potrebbe arrivare entro la fine dell'anno: il 25 e il 28 ottobre la deposizione, il 25 e 26 novembre la discussione di accusa e difesa.
La corte, oltre ad aver accettato l'acquisizione del fascicolo, ha ammesso come parti civili solo i familiari di Giulia: il papà, i fratelli, lo zio e la nonna, escludendo invece tutti gli enti che avevano fatto richiesta di costituirsi, i comuni di Fossò e Vigonovo, l'associazione Penelope e altre quattro associazioni a difesa delle donne. La famiglia Cecchettin ha chiesto un milione di euro di risarcimento: non per vendetta, spiegano gli avvocati, ma perché la perdita di Giulia è incalcolabile.
Per evitare il clamore mediatico, Filippo Turetta ha preferito rimanere nella sua cella di Montorio Veronese in cui è recluso dallo scorso dicembre. Proprio i riflettori nazionali di una storia che ha commosso l'Italia intera rischiano di diventare l'arma doppio taglio di questo processo: fare di Filippo un simbolo negativo e punirlo anche oltre le sue personali responsabilità. Non è ciò che vuole la Procura di Venezia, che proverà comunque con tutte le prove raccolte a dimostrarne la colpevolezza e la premeditazione.