CINQUE ANNI FA LA SECONDA "ACQUA GRANDA" DI VENEZIA
187 centimetri, la seconda acqua alta più alta di sempre che a Venezia ancora oggi si fatica a dimenticare.
Sono passati cinque anni da quel 12 novembre 2019 che causò danni e devastazione in laguna.
Solo nel 1966 le misurazioni erano andate oltre e si erano spinte fino a 194 centimetri.
Bassa pressione atmosferica, venti di Scirocco e alta marea. Fattori che, tutti insieme, causarono una vera e propria tempesta perfetta.
Case e attività commerciali allagati, vaporetti alla deriva, materiale di qualunque tipo spazzato qua e là per le calli, senza alcuna logica. E poi un anziano morto fulminato nel tentativo di rimettere in funzione le elettropompe in casa, a Pellestrina.
Le stime? Un miliardo di euro di danni tra gli edifici, i beni culturali e le perdite dell’indotto turistico.
Il Governo, finora, ha stanziato 155 milioni di euro, ma circa 600 pratiche ancora rimangono aperte. E nel mezzo ci si sono messi anche i soliti furbetti, che sono riusciti ad ottenere in totale circa 350 mila euro che in realtà non avrebbero dovuto ricevere.
Un evento che in tutta la sua drammaticità ancora una volta, più di tutte le altre, ha riacceso i riflettori sulla fragilità di Venezia. E fin da subito gli occhi di tutti erano andati sul Mose, che allora non era ancora entrato in funzione.
Costato più di 6 miliardi di euro, dal dicembre 2020 si è attivato un centinaio di volte, per un costo totale di circa 20 milioni di euro solo per il sollevamento. A cui aggiungere i 63 milioni di euro all’anno che il Governo ha stanziato per la manutenzione.
Nel mezzo i protocolli cambiati decine di volte, e le zone più basse della città che ad oggi continuano comunque ad allagarsi.
Con il futuro che a Venezia rimane ancora troppo incerto.