VAJONT: I DOCUMENTI DEL PROCESSO RESTANO A BELLUNO
I 5205 documenti processuali relativi alla tragedia del Vajont resteranno per sempre custoditi a Belluno, nell'Archivio di Stato.
L’annuncio del sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, atteso da tempo, finalmente è arrivato.
C’è però un’altra novità: data la conclusione del processo di digitalizzazione, durato 17 anni, la documentazione sarà in rete e a disposizione di tutti entro poche settimane. Il materiale riguarda l'iter processuale a carico dei molti indagati coinvolti nell'inchiesta per il disastro del 9 ottobre 1963 che provocò la morte di 1910 persone.
Il procedimento si svolse tra il novembre del 1968 e l'ottobre del 1970 a L'Aquila, città che ne custodì il materiale e nella quale era in atto un'opera di inventariazione e digitalizzazione interrotta per le conseguenze del terremoto del 6 aprile 2009. La documentazione, raccolta in 257 buste prodotte sia dal Tribunale di Belluno sia da Tribunale e Corte di Appello dell'Aquila, fu allora trasferita a titolo provvisorio all'Archivio di Stato di Belluno per la prosecuzione delle operazioni. La Direzione generale Archivi, alla fine, ha ritenuto di dover affidare in via definitiva al capoluogo montano veneto il fascicolo processuale cartaceo, ormai fruibile da remoto.
Un disastro, quello del Vajont, su cui è necessario riflettere ancora oggi
La colpa fu l’aver voluto costruire, a ogni costo, quella che all'epoca sarebbe stata tra le più grandi dighe del mondo ai piedi di una montagna. Montagna che, però, dalla notte dei tempi gli autoctoni sapevano essere "marcia". Una vera truffa allo Stato orchestrata dai vertici della Sade, che aveva necessità di vendere l’impianto all’Enel e ripagarsi la diga.
Chi pagò per quella tragedia? In decenni di processi, solo due tra i dirigenti SADE furono ritenuti colpevoli, per otto anni complessivi di carcere, in parte condonati.