MA QUALI MAREE ANOMALE, IL MOSE NON SALVA VENEZIA
Torna il maltempo, e puntuale torna la marea a Venezia. Giovedì mattina si è fermata a quota 101 centimetri in punta della Salute, mentre alle dighe in mare aperto segnava 112. Dopo mesi di silenzio, sono tornate perciò a risuonare le sirene in piazza San Marco, perché vento e temporali minacciavano la possibilità di fenomeni anomali e punte ancora più alte.
Parlare di anomalie, ormai, è però anacronistico. A Venezia esiste più una stagione dell’acqua alta, e il riferimento alle date canoniche 15 maggio-15 settembre per la sospensione della posa delle passerelle forse andrebbe rivisto. Lo chiedono i negozianti a San Marco, perché nonostante il Mose, le barriere in vetro della basilica, e le nuove valvole che dovrebbero impermeabilizzare l’insula, per l’ennesima volta si sono ritrovati con i piedi a mollo.
Già, il Mose. A più di vent'anni dall'inizio dei cantieri, e a tre anni di distanza dal primo sollevamento, siamo ancora fermi alla quota di 120 centimetri di marea, soglia limite per l'attivazione delle dighe mobili. Prima o poi entrerà in vigore la nuova soglia a 110, che per ora rimane un progetto che per la magistratura delle acque metterà in sicurezza la città, ma per contro riproporrà il problema di un sollevamento che diventerà molto più frequente, con le limitazioni d'obbligo alla navigazione.
Oggi, nemmeno i 110 centimetri bastano più. Giovedì la punta massima era prevista alle 13.30 con 105-110 centimetri di marea, il Mose è rimasto fermo e l’acqua è rimasta, per oltre due ore, sopra il valore di 100 centimetri: tanto basta per mandare a mollo San Marco, ma anche la fondamenta di Cannaregio. E con il Mose ancora in completamento, e i lavori di rialzo della piazza in notevole ritardo, la situazione è tornata indietro di anni: sirene ad avvisare la popolazione, e gli immancabili stivali.
Il Mose, insomma, non salva Venezia. E non la salverà, anche quando sarà completato del tutto.
Per questo, a San Marco si è dovuti intervenire nel tempo con molte altre iniziative. Le barriere in vetro a protezione della Basilica possono limitare l'arrivo dell'acqua dal bacino fino anche ad un picco di 190 centimetri di marea, ma non risolvono il problema perché l'acqua stessa arriva anche dal sottosuolo. La città, come noto, regge il suo peso, da secoli, su quei pali piantati nel fango e disseminati a decine di migliaia in tutte le isole, sotto le fondamenta dei palazzi. Ma l'acqua non guarda in faccia al cemento e al marmo, e filtra rialzandosi dal sottosuolo: i veneziani s'inventarono perciò i pozzetti, per dare sfogo a questo fenomeno e far defluire le acque, e c'è stato anche chi, negli ultimi anni, aveva avuto la brillante idea di chiuderli, pensando così di risolvere il problema in Basilica. Peccato che così facendo, si rischia che l'acqua decida di spingere dove può, e di farsi largo direttamente attraverso i pavimenti.
Venezia, nella sua fragile straordinarietà, è questa. prendere o lasciare. Per la sua difesa, si è scelto vent'anni fa di realizzare un progetto mastodontico (e su cui hanno mangiato in molti) ma che oggi, non ancora completato, è già vecchio.