PRIMO MARZO, IL CAPODANNO DEI VENETI
“Bon cao de ano”, si sarebbe sentito tra le strade dell’antica Repubblica di Venezia.
All’epoca della Serenissima, infatti, il Capodanno non era il primo gennaio bensì il primo marzo. Si tratta di una tradizione risalente a un antico calendario utilizzato dai Romani, prima di Giulio Cesare, dedicando l’intero mese a Marte dio della guerra.
Perché proprio il primo marzo? Si faceva coincidere il primo dell’anno con la fine del periodo più freddo e l’arrivo della primavera sancendo così un nuovo inizio. Secondo la tradizione, negli ultimi giorni che precedono o seguono il primo marzo la gente usciva per le strade battendo su pentole, coperchi e altri oggetti rumorosi per scatenare confusione scacciando così l’inverno e aprire la strada alla primavera. Festeggiamenti che prendono il nome di “Bati Marso”.
Nonostante l’entrata in vigore del Calendario Gregoriano nel 1528, la Repubblica di Venezia pur adottandolo lasciò l’inizio anno al primo marzo. Questo fu possibile attraverso l’utilizzo dell’espressione “more veneto” ovvero “secondo l’uso veneto”. In cosa consisteva?
Nei documenti ufficiali veniva inserita la data con accanto la dicitura “more veneto” in modo che gli altri Stati sapessero il calendario di riferimento.
Questa pratica è rimasta in vigore fino al 1797 anno che segnò la fine della Repubblica di Venezia.
Ancora oggi questa tradizione viene ricordata in alcune aree della regione come nella valle del fiume Agno sull’altopiano di Asiago o a Jesolo.