SUICIDIO ASSISTITO: IL CASO DI LAURA SANTI
Nei giorni scorsi la giornalista perugina Laura Santi è deceduta nella sua abitazione, dopo essersi auto-somministrata un farmaco letale. La 50 enne era affetta da una forma progressiva ed avanzata di sclerosi multipla, i cui primi sintomi si erano già manifestati nel 2000. A starle sempre accanto il marito Stefano, il quale ha confermato come le sofferenze della moglie erano ormai diventate intollerabili.
Laura Santi ha raccontato la sua storia in numerose interviste. Tra le ultime parole lasciate all’associazione Luca Coscioni ha detto: “La vita è degna di essere vissuta, se uno vuole, anche fino a 100 anni e nelle condizioni più atroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro”.
Lungo e complesso è stato l’iter giudiziario che Santi ha dovuto affrontare. Tre anni dalla richiesta iniziale, due denunce, due diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo nei confronti dell’azienda giudiziaria. Solo lo scorso novembre, era riuscita ad ottenere il consenso dall’Asl di Perugia per il suicidio assistito e il riconoscimento di tutti i requisiti di legge dalla Corte Costituzionale.
In Italia, il suicidio assistito non è ancora legalmente regolato, ma non è nemmeno punibile in specifiche condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale. Sulla base di quest’ultima, regioni come Emilia-Romagna, Toscana e Marche, si sono mosse autonomamente per riformare il percorso sanitario-amministrativo.