LA NUOVA INDAGINE: PERCHÈ NICOLETA NON FU PROTETTA?
Una settimana fa, Pamela Genini era stata uccisa a Milano da quell'ex compagno, ossessionato e violento, che l'aveva raggiunta a casa e accoltellata. Era già successo che le facesse del male, ma lei – nonostante persino i consigli dei medici – non l’aveva denunciato. Nicoleta Rotaru, invece, fin troppe volte aveva chiesto aiuto.
Dopo le minacce e le percosse dei Erik Zorzi, i Carabineiri di Abano e Montegrotto erano stati chiamati ben otto volte. E per ben otto volte, tra il maggio 2021 e il luglio 2023, erano intervenuti in via Rocca Pendice ad Abano in quell'appartamento: liti furibonde, maltrattamenti, denunce. L’ultima chiamata, un mese prima della tragedia: prima che Erik Zorzi, una notte, decidesse di ucciderla e di simularne il suicidio. Per quel delitto, il tribunale di Padova l'ha appena condannato all'ergastolo. Ma ha fato di più: la giudice presidente della corte d'assise, dopo l'assist fornito dalla PM Maria d'Arpa nella sua requisitoria, ha chiesto formalmente che gli atti vengano trasmessi alla procura generale per capire che cosa sia accaduto. perché i Carabinieri, nonostante fossero andati otto volte in quella casa, non abbiano creduto a ciò che Nicoleta raccontava.
Poche righe, nero su bianco nella sentenza: “Invia al pm per la trasmissione degli atti alla procura generale presso la Corte d’Appello di Venezia con riguardo alle condotte tenute all’epoca dei fatti dai carabinieri di Abano e di Montegrotto”. Una reprimenda che è più di una bacchettata sulle mani: la corte d'assise di Padova, per la prima volta, chiede formalmente ad un magistrato di9 capire perché gli appelli di una vittima - prima di maltrattamenti e poi, tragicamente, di femminicidio - non siano stati ascoltati. E cioè di indagare su chi indagava: che sia fatta chiarezza, perchè nonostante otto denunce non è mai arrivato nulla alla Procura. E si chiarisca perciò se i protocolli siano stati corretti, o se ci siano state delle mancanze penalmente rilevanti.